L’utero è l’organo dell’apparato femminile dove viene accolto e si sviluppa l’embrione nel corso della gravidanza. Ha la forma di un imbuto rovesciato ed è formato da due parti principali: la parte superiore chiamata corpo dell’utero e l’estremità inferiore detta collo dell’utero o cervice uterina.
Uno dei principali fattori di rischio per il tumore della cervice uterina è l’infezione da Papilloma Virus Umano (HPV), che si trasmette per via sessuale soprattutto nelle persone giovani.
Ad oggi sono stati identificati più di 120 genotipi di HPV che infettano la specie umana: questi vengono suddivisi in quelli a basso rischio oncogeno (LR-HPV) e ad alto rischio oncogeno (HR-HPV). I tipi di HPV principalmente associati ai tumori della cervice uterina sono HPV 16 e HPV18.
L’infezione da HPV è generalmente di tipo transitorio: il virus viene eliminato dal sistema immunitario e l’infezione regredisce spontaneamente prima di produrre qualsiasi effetto patogeno. La persistenza dell’infezione è la condizione necessaria perché il virus esplichi un’azione trasformante sull’epitelio cervicale. In questo caso, possono svilupparsi lesioni precancerose che possono portare progressivamente al cancro della cervice.
FATTORI DI RISCHIO DEL TUMORE DELLA CERVICE UTERINA
La probabilità di progressione e quindi di insorgenza del tumore è influenzata da numerosi fattori di rischio: un elevato numero di partner sessuali, il fumo di sigaretta, l’uso prolungato di contraccettivi orali ed infezioni multiple da parte di altri agenti sessualmente trasmessi (Chlamydia Trachomatis, Herpes Simplex di tipo 2).
PREVENZIONE DEL CARCINOMA DELLA CERVICE UTERINA
Per molto tempo il tumore della cervice uterina ha rappresentato la prima forma di cancro per le donne, ma negli ultimi anni la situazione è profondamente cambiata grazie ad efficienti programmi di screening. Questi ultimi sono finalizzati alla formulazione di una diagnosi precoce, strettamente correlata al processo di guarigione (la malattia diagnosticata nella sua fase iniziale è altamente curabile).
A questo proposito, lo screening per il tumore del collo dell’utero in Italia prevede l’esecuzione di un Pap-test ogni tre anni per le donne di età compresa tra i 25 ed i 29 anni. Per le donne di età compresa tra i 30 ed i 65 anni l’esame di riferimento è invece l’HPV DNA test, da ripetersi ogni 5 anni.
IL PAP TEST
Il Pap Test è una metodica utilizzata da oltre 60 anni per individuare il cervico-carcinoma e le lesioni pre-tumorali indicative di questa neoplasia. Il termine “Pap” indica le iniziali del cognome di un dottore greco, George Nicholas Papanicolaou, che nel 1941 inventò tale procedura.
La procedura del Pap Test ha inizio con un prelievo indolore delle cellule cervicali: mediante un piccolo strumento detto “speculum”, il medico introduce all’interno del collo dell’utero della donna una spatola (o “brush”), grazie alla quale preleva il campione cellulare che sarà sottoposto ad analisi. La fase successiva prevede la strisciatura di tale campione su un vetrino e la sua colorazione (secondo l’apposito “metodo Papanicolau”). Infine, si procederà con l’osservazione del vetrino mediante microscopia ottica al fine di eseguire un’attenta analisi morfologica delle cellule che costituiscono il nostro campione per valutare la presenza di eventuali lesioni tumorali.
Il Pap Test si è dimostrato fino ad oggi un formidabile test di screening: ha contribuito ad una notevole diminuzione nei valori di incidenza e di mortalità del tumore del collo dell’utero.
IL RUOLO DELLA CITOLOGIA IN FASE LIQUIDA
L’introduzione della citologia in fase liquida ha permesso notevoli passi in avanti in ambito diagnostico: infatti, oltre a garantire una qualità superiore del preparato che verrà sottoposto ad analisi (facilitandone così l’analisi morfologica e, di conseguenza, la formulazione di una diagnosi), garantisce la possibilità di effettuare, con un unico prelievo, molteplici analisi.
Questo è possibile grazie al fatto che il campione, una volta prelevato, viene posto in una soluzione conservante che garantisce il mantenimento dell’integrità del campione (e del suo genoma) a temperatura ambiente.
Ciò si rivela particolarmente utile nei casi in cui, con un unico prelievo, si voglia effettuare sia un’analisi di tipo citologico (Pap Test) sia un’analisi di tipo molecolare (test per la ricerca diretta del DNA dei ceppi di Papillomavirus ad alto rischio oncogeno).