Nella citologia convenzionale, successivamente al prelievo di campione dalla paziente, l’operatore sanitario dovrà depositarlo sopra il vetrino tramite striscio con un procedimento ben preciso:
- il prelievo del campione esocervicale, effettuato con la spatola di Ayre, deve essere adagiato (strisciato) sulla lunghezza del vetrino;
- il prelievo del campione endocervicale, invece, viene strisciato sulla parte finale e più corta del vetrino.
A questo punto deve essere applicato il fissativo, fondamentalmente uno spray a base alcolica 95% circa, con lo scopo di congelare lo stato della cellula nel momento del prelievo.
È fondamentale che lo spray venga spruzzato ad una distanza tra i 20 ed i 30 cm dal vetrino in maniera omogenea su tutta la superficie del vetrino, in modo tale da non perdere alcuna componente del campione.
L’etanolo caratteristico del liquido fissativo tende ad interagire con le cellule prelevate, inducendone la fissazione mediante disidratazione. La base alcolica del fissativo denatura inoltre le proteine cellulari e ne induce la coagulazione e precipitazione.
Per quale motivo questi passaggi, svolti in questa modalità, non sono ottimali per l’analisi?
Per due motivi tanto semplici quanto fondamentali: il campione strisciato sarà presente in quantità maggiore nel punto d’inizio ed andrà a diminuire gradualmente lungo lo striscio; di conseguenza il fissativo non agirà omogeneamente sul campione essendo questo presente in parti non uguali lungo la superficie del vetrino.
Una parte delle cellule quindi si disidraterà e perderà la sua composizione; la restante parte verrà esaminata dal patologo al microscopio per effettuare la diagnosi.
E se le cellule “perse” fossero quelle malate la cui analisi avrebbe cambiato radicalmente l’esito del referto?
Per ovviare a questo problema Hospitex ha trovato la soluzione: immergere la brush, con cui è stato prelevato il campione citologico, all’interno di un apposito flacone pre-infialato con un volume fisso di una soluzione fissativa.
Sembra una banalità, ma la differenza risulta sostanziale: con questa metodica infatti nessuna parte di campione prelevato andrà persa, nessun materiale biologico diagnostico resterà adeso al dispositivo utilizzato per il prelievo (spatola e/o brush) e nessuna cellula verrà persa poiché adeguatamente fissata sul vetrino.
Una volta che il flacone pre-infialato con il liquido fissativo contenente la brush al suo interno sarà arrivato al laboratorio, un’apposita strumentazione automatica o semi-automatica calcolerà e riferirà al tecnico il volume ottimale di campione da prelevare al fine di ottenere un vetrino standardizzato.
I vetrini allestiti verranno successivamente citocentrifugati al fine di mediare la concentrazione del materiale biologico, la sua separazione dal sovranatante, e la sua adesione alla superficie del vetrino.*
Una volta asciugati, i vetrini passeranno alla fase di colorazione, la quale prevede dei passaggi dei suddetti vetrini in specifiche soluzioni alcoliche e soluzioni coloranti, secondo precise tempistiche e modalità che cambiano in base alla specifica metodica di colorazione che si è deciso di adottare.
I vetrini colorati, dopo la fase di montaggio e l’apposizione su ciascuno di un vetrino copri-oggetto, saranno pronti per essere osservati al microscopio ottico. Sulla superficie di ciascun vetrino si troverà depositato uno spot cellulare definito, costituito da cellule deposte in un monostrato sottile e funzionale alla fase finale di analisi morfologica delle cellule e alla fase di diagnosi ad opera del patologo.
Il momento quindi dell’aggiunta del fissativo è importantissimo perché, come abbiamo spiegato, andrà a determinare il modus operandi del resto della lavorazione ma soprattutto andrà a determinare la presenza di campione sano ed analizzabile e la conseguente refertazione.
*È possibile vedere il video tutorial di YouTube “CYTOfast – The Ultimate Monolayer Cytology” in merito al funzionamento del macchinario semi-automatico e della centrifuga.